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Megliadino S. Fidenzio Le origini di questo paese si perdono nella notte dei tempi. Recenti scavi archeologici hanno riportato alla luce un villaggio paleoveneto del VI sec. a. C. con annessa necropoli. Significativa la scoperta di un cimitero della civiltà celtica e l’individuazione dei resti di numerose ville rustiche romane. Lungo una strada secondaria che porta a Montagnana è stato scoperto un ricco insediamento d’epoca longobarda (i reperti si trovano catalogati ed esposti al Museo Nazionale Atestino di Este ed al Museo Civico di Montagnana). L’abbondanza di questi ritrovamenti è dovuta alla felice posizione geografica del paese, bagnato anticamente dal fiume Adige (fino al 589 d.C.) ed attraversato dall’antica strada romana Emilia-Altinate, da cui forse prende il nome Megliadino. Questa via passava nella nostra zona più o meno lungo l’attuale tracciato della strada Statale 10. Megliadino può derivare anche dal nome della famiglia “Melia “ o da “miliare”, la colonna che i romani mettevano lungo le strade principali per indicare la distanza (nel 1220 il paese era chiamato Milliarini). Il paese di Megliadino (nome che fino all’anno 1000 non era associato a S. Fidenzio), si estendeva in un territorio molto più vasto dell’attuale: comprendeva il comune di M. S. Vitale, parte del comune di S. Margherita e di Bresega. San Fidenzio subentra nel 964 quando il Vescovo di Padova, Gauslino Transalgardo, decise di trasferirne il corpo scoperto a Polverara, prima nella cattedrale padovana e poi in seguito a vicende miracolose a Megliadino. Il 18 marzo 981 Gauslino, durante la visita pastorale, dedicò a S. Fidenzio la chiesa che prima era intitolata a S. Tommaso, facendone il principale centro religioso del Montagnanese. In questo modo riaffermò il dominio di Padova sul nostro territorio contro le mire espansionistiche della diocesi di Verona. La leggenda di San Fidenzio Nell’anno 964 due contadini ricevono l’ordine da una voce misteriosa di recarsi a Padova e narrare al vescovo Gauslino Transalgardo che in un bosco, vicino a Polverara, si nascondeva un corpo santo. Il vescovo esita a credere, ma poi, dopo aver pregato, ha una visione in cui va a Polverara vedendo che in un’arca di pietra, nascosta sotto la terra del bosco, riposa il vescovo Fidenzio. Successivamente si reca nel luogo indicato dai contadini, fa innalzare un altare e vi celebra la Messa. All’elevazione sente tremare la terra sotto i piedi ed ha la netta visione della verità. Fa scavare una fossa e poco dopo appare un’arca di pietra sulla quale sta scritto: CORPO BEATO FIDENZIO VESCOVO E CONFESSORE. Il vescovo ordina che si porti la Salma nella chiesa di Santa Giustina a Padova. L’arca viene posta su una barca e giunti i conduttori dove sorge la chiesa di Roncajette, vinti dal sonno lasciano il natante alla deriva. Il mattino al risveglio si trovano inspiegabilmente al porto di Este; la barca per un misterioso disegno divino era andata controcorrente. Posta l’arca su un carro trainato da buoi, questo condotto da un angelo in figura di bifolco, si ferma davanti alla chiesetta di S. Tommaso. I buoi si rifiutano di avanzare mentre l’angelo scompare dopo aver piantato il pungolo che immediatamente fiorisce ed in seguito diviene un rovere grandioso. Il santo venne deposto nella cripta dentro un altare. Venne il vescovo a celebrare la Messa; ordinò un ampliamento dell’antica chiesa e ne cambiò nome da S. Tommaso a S. Fidenzio. Il Rovere piantato dall’angelo, a causa di un fulmine, fu abbattuto nel 1680 e dopo pochi anni fu eretta una colonna di pietra, ancora oggi presente a pochi passi dalla chiesa. In seguito dalle radici ancora vive e vegete, spuntò un germoglio che diede vita ad un nuovo meraviglioso rovere. Questa pianta, ai primi del ‘900, era così maestosa da ospitare il laboratorio di un calzolaio, ma nel 1919 venne definitivamente abbattuta da un furioso uragano. |
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