Inaugurato nel 1917, il nuovo complesso industriale, imponente per l’epoca, dovette però fermare presto la produzione, a causa della rotta di Caporetto che anche a Padova causò la evacuazione di molte attività produttive soprattutto meccaniche, e il blocco di tutte quelle in prossimità dello snodo ferroviario cittadino, oggetto di numerose e devastanti incursioni da parte dell’aviazione nemica. L’impianto tornò a funzionare solo nel 1919-20: dapprima lentamente per il difficile ritorno alla normalità nell’approvvigionamento di cellulosa, e poi in modo più stabile arrivando ad occupare nei primi mesi del 1921 ben 500 addetti. La fabbrica, al pari di tutte le altre del genere che andavano nascendo in quegli anni in Italia SNIA VISCOSA, hâtillon, Viscosa di Pavia ecc.), era formata da una parte “chimica” che trasformava la cellulosa in una specie di pasta filosa, e di una parte “tessile” dove questa veniva ridotta in fibra, e successivamente filata e ritorta in un modo non dissimile da quanto accadeva per la seta naturale. Il processo con cui veniva ottenuto il prodotto, e che implicava l’utilizzazione di quantità rilevanti di acido solforico e di acido azotico prima, di alcool e di etere poi, venne sostituito nel 1923 con uno meno invasivo e a più elevata produttività, frutto dell’inglobamento dell’impianto padovano in un gruppo con sede nella capitale, che comportò anche il mutamento della ragione sociale in SGIV-Società Generale della Viscosa. La produzione di rayon, per la forte capitalizzazione ad essa connessa, fu del resto caratterizzata da rapidi processi concentrativi che portarono negli anni Quaranta all’emergere di un pressoché unico grande produttore italiano, la SNIA VISCOSA, in cui finì incorporata anche la fabbrica euganea. La quale, peraltro, conobbe negli anni Venti una crescita notevole, testimoniata dal considerevole incremento nel numero di addetti: che passarono dai 500 del 1921 ai 1.600 di fine 1925, raggiungendo le quasi duemila unità nel biennio 1927-28. |
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