Il nome Savonarola è legato a quello della nobile famiglia dei Savonarola, che ebbe il suo massimo splendore a Padova tra il 1400 e il 1550. Tale famiglia discende, secondo la tradizione, dal valoroso guerriero Antonio, difensore di un forte sulla via tra Padova e Vicenza contro i soldati di Ezzelino, che diede successivamente il nome alla vicina porta della città. In realtà è più probabile che sia stato il luogo a dare il nome alla famiglia, in quanto anticamente abitato da nuclei familiari dediti ad attività collegate al corso d’acqua: i sabionanti, nome che si modificò in Savonarola, appunto. La rinascita della Padova medioevale non portò grandi cambiamenti, in particolar modo nell’area più a Sud, una valle spesso colpita dalle inondazioni del fiume Bacchiglione. Il territorio, che si presentava quindi poco adatto agli insediamenti abitativi, non aveva impedito la realizzazione di alcuni edifici religiosi: il duecentesco monastero con chiesetta benedettina delle Maddalene le Penitenti, che già verso la fine del 1300 sarà adibito ad uso secolare, e il conventino di San Francesco o San Francesco piccolo, costruito probabilmente da alcuni frati francescani che cercavano al di fuori della città una zona più tranquilla per le preghiere e le meditazioni del loro ordine. Fu tuttavia Venezia nel corso del 1500 a decidere la sorte dell’intera area. Le mura trecentesche difesero Padova per quasi due secoli, fino a quando iniziarono a mostrare la loro inefficacia. Per proteggere la città dalle nuove forme di assedio Venezia s’impegnò nella costruzione di una nuova cinta muraria, comprendente diversi bastioni e le Porte San Giovanni e Savonarola, entrambe opera del Falconetto. Al fine di difendere al meglio Padova i Veneziani non si limitarono a circondarla di possenti mura, ma operarono il cosiddetto "guasto" abbattendo tutto ciò che si trovava al di là delle mura (edifici, alberi, …) per la profondità di un miglio veneziano, circa 1700 metri. Tale mastodontica opera difensiva rappresentò nei secoli successivi per Padova il maggiore freno all’espansione della città. Il territorio del quartiere non subì in questo modo grandi cambiamenti fino al XIX secolo, essendo per diverso tempo una distesa di fertili campi attraversata da quattro importanti vie di comunicazione: l’Arzere della Regina o strada della Montà, la regia strada Mestrina, la via Pelosa e la strada Montanara. La zona più a Sud, quella del Basso Isonzo, continuava a rimanere valliva e acquitrinosa. Solo nella seconda metà dell’Ottocento, con la realizzazione di alcune brecce lungo le mura, iniziò l’allargamento urbanistico al di fuori del centro storico della città. Il quartiere Savonarola ne fu direttamente interessato per la realizzazione delle brecce alla barriera Trento, a Porta Savonarola e a Porta San Giovanni. Nello stesso periodo la costruzione della ferrovia Padova-Bologna da una parte definì verso Ovest gli attuali confini del quartiere, e allo stesso tempo cambiò l’assetto viario, modificando il percorso di alcune delle antiche strade che persero definitivamente la loro importanza, in particolare la strada Pelosa. Nella seconda metà dello stesso secolo fu realizzato anche il cimitero israelitico. Il Novecento vide la definitiva espansione del quartiere e il suo popolamento. Alla fine del primo conflitto mondiale, lungo le maggiori vie di accesso alla città, sorsero nuovi edifici residenziali con una forte crescita nelle aree più a Nord. Nello stesso periodo prese forma il campo di aviazione Gino Allegri in quella che precedentemente era la piazza d’armi. Con l’aumentare della popolazione aumentò anche il bisogno di nuove chiese per assistere i fedeli dei quartieri appena fuori le mura, spesso troppo lontani dai centri parrocchiali cui appartenevano. Sorsero così tra gli anni Venti e Trenta le parrocchie della Natività, della Sacra Famiglia e di San Giuseppe. Le altre due parrocchie, quella di San Girolamo e quella della Madonna Incoronata si formeranno invece solo nella seconda metà del ‘900. Tuttavia, nonostante la costruzione di case popolari e di alcuni condomini in particolare nelle zone lungo via Bezzecca, via Palestro e via Piave, gran parte del territorio era ancora prevalentemente agricolo. Solo negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale si assistette ad una nuova crescita abitativa unita a quella di attività commerciali e industriali. Crescita che riprese in maniera più massiccia dopo la fine della guerra con una esplosione urbanistica rapida e disordinata che costrinse l’amministrazione comunale, negli anni ’60, ad un intervento diretto di coordinazione, riqualificando e sistemando aree ormai in disuso, costruendo nuove strade e il ponte sul Bacchiglione in prossimità dell’ex Porta Saracinesca
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