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Sembra di averle davanti agli occhi quelle fanciulle danzanti mentre si scambiano un drappo, fra tronchi di melograni lungo le pareti; e le fronde del giardino si fanno più dense e avvolgono il soffitto che scompare, immerso nella natura scendendo con lo sguardo la vista si sofferma sui medaglioni fissati alle colonne in cui l'immagine di uno storione si attorciglia. Un luogo da visitare, purtroppo, solo virtualmente grazie a una ricostruzione in 3D che rimanda la sensazione di averlo davanti agli occhi: lo Storione era un ristorante, albergo e birreria. Un posto rimasto nel cuore di chi ha avuto il tempo di viverlo e che oggi non esiste più; parlano di lui solo le foto d'archivio di una collezione privata. Viene ricordato come un gioiello in stile liberty di rara bellezza, in grado di conferire a Padova una dimensione raffinata, da grande città europea, rimandando a Parigi o Vienna. Riscoperto di recente attraverso una mostra curata da Virginia Baradel, storica e critica di arte, che nel 20 Il ne ha fatto riaffiorare la bellezza in un'esposizione che ha occupato alcune delle ale del nuovo centro culturale della città, il San Gaetano-Altinate, ex Palazzo di Giustizia, inaugurato nel 2008. E nel percorso espositivo la ricostruzione in 3D di Diego Loreggian e dello studio Drawlight, con' i testi di Baradel, ha dato la possibilità di fare un tuffo nel passato all'interno di una meraviglia architettonica perduta. Di proprietà del Comune, lo Storione era in un palazzo di fine Ottocento che si trovava nell'Isola del Gallo, di fronte all'università e accanto al municipio. Nel 1901 iniziarono all'interno del ristorante, dell'albergo e del vicolo d'accesso una serie di lavori di ristrutturazione con lo spirito di accordare allo stabile un carattere più moderno e al passo coi tempi. Si decise di decorarlo seguendo i dettami del pensiero artistico in voga in quell'epoca, quell'art nouveau che in Europa conquistava spazio e visibilità e che, in Italia, prese il nome di liberty. Già da allora era famoso per lo splendido servizio e l'impeccabile gestione di Giovanni Zorzi, detto Nanei. Nel 1904, eretta l'ultima porzione dell'edificio, giunse la notizia dell'affidamento dell'incarico a Cesare Laurenti per la decorazione del salone principale. L'artista era famoso e aveva un certo successo, in particolare per una partecipazione alla Biennale di Venezia. Laurenti aveva studiato con Luigi Ceccon a Padova e si era perfezionato all'Accademia di Belle Arti di Firenze; era poi tornato a Padova nel 1881, per stabilirsi, infine, a Venezia, a partire dal 1884 fino alla morte nel 1936. Dalla tarda primavera del 1904 iniziò a lavorare al progetto di rivisitazione dello Storione. Un'opera principesca che volle improntare come una Le danzatrici lungo le pareti si passavano un festone di velo, i cui capi venivano raccolti dall'undicesima donzella, direttrice delle danze, seduta in una parte minore del salone su un trono di marmo in mezzo a una cancellata. Sotto la loggia fiorita correva una cornice alta, di ceramica invetriata, decorata con fiori e fogliame opera, come tutte le altre in ceramica, di Vivante, allievo di Laurenti, che aveva fondato, nel 1902, a Murano, una ditta specializzata nella lavorazione delle ceramiche. Seguiva una fascia di marmorino che faceva da sfondo neutro ai festoni che scendevano dai tronchi e incorniciavano medaglioni con scritte inneggianti al diletto di cibo e serenità conviviale, preziosi toccasana per lo spirito. La parte bassa delle pareti era rivestita di legno, nobilitato da dettagli classicheggianti e da medaglioni con il simbolo dello storione; infine, la credenza sul fondo monumentale fu disegnata da Cadorin, grande amico di Laurenti. L'estetica dell'intera sala finì per essere un compromesso storico fra gusto di fine Ottocento e liberty. Ogni particolare fu pensato e studiato da Laurenti, dal singolo lampadario alla saletta accanto alla principale, aggregata al ristorante, ricoperta da una vetrata colorata, luminosissima chiamata "Tempietto", sulla cui parete di fondo si trovava la decorazione della Caccia allo Storione inseguito da Nereidi e Tritoni. Del suo progetto rimane traccia solo in qualche disegno preparatorio oggi conservato dalla nipote dell'artista. Le cronache del tempo ne scrivevano entusiasticamente: «Il più noto restaurant della città, costruito a spese del Comune nel luogo te o di preesistenti catapecchie, vergogna di quel centro.. . È una vittoria del buon gusto, in tempi così grigi. .. La grande sala terrena, lunga venti metri, è tutta una festa del colore» («La Libertà», 15 gennaio 1905). Con festeggiamenti che durarono tutto il giorno fu inaugurato nel 1905. La Belle Époque, con tutta la sua gioia di vivere. invase Padova e lo Storione ottenne consensi unanimi: «La città si arricchisce di una nuova magnifica opera», scrissero i giornali. «la cena dimore vede. allo stesso tavolo di Laurenti, il senatore Gino Cittadella di Vigodarzere. il prof Vincenzo Crescini. l'ex sindaco Vittorio Moschini e diversi artisti». Nel corso degli anni lo Storione ricevette ospiti illustri: Gabriele D'Annunzio. Guglielmo Marconi, Albert Einstein, Luigi Pirandello. i principi di casa Savoia, Filippo Tommaso Marinetti. Pietro Mascagni e molti altri. Ma la fragile decorazione si presentò da subito di difficile manutenzione e vapori, fumi (per l'illuminazione a gas) e infiltrazioni d'acqua la danneggiarono e i restauri divennero necessari. Nel 195710 scrittore e giornalista Guido Piovene, nato a Vicenza e morto a Londra. descrisse la sua permanenza allo Storione nel suo Viaggio in Italia, svelando anche un tipico menu patavino: «Giungo a Padova la sera tardi. il giorno dell'Immacolata. prendo possesso della camera allo Storione. e scendo per pranzare. La sala maggiore del ristorante è occupata da un grande pranzo di macellai. Siedo nella sala accanto ma. più che mangiare. sbircio attraverso una tenda. Centinaia di macellai. come ne ho visti solamente a Chicago. intorno a molti preti e frati; il padre rettore del santo. calvo.grasso, occhialuto. seduto a capotavola. è fatto segno a riguardi reverenziali. I macellai di Padova detengono un privilegio; portano in processione per l'Immacolata il mento e la lingua di sant'Antonio;la sera. si uniscono a tavola. Fu un pranzo padovano, con pasticcio di maccheroni, bolliti, faraona arrosto; si pronunciavano discorsi faceti in un dialetto, il ruzzantino, incomprensibile anche ai veneti». La chiusura risale al 1962. l'albergo fu acquistato dalla Banca Antoniana di Padova e Trieste, ceduto dalla giunta del democristiano Crescente. Fu raso al suolo e si chiuse definitivamente un'epoca, e anche !'idea del ballo come cura nella quotidianità: i templi pagani furono sostituiti dai caveau delle banche, le riviere furono tombinate; incombeva la città industriale, il modello di Milano. li monumento alla Padova laica. il salotto borghese di Padova accanto al Caffè Pedrocchi. luogo prescelto dall'aristocrazia accademica e dagli studenti goliardi, fu cancellato e. con esso.un ceto politico liberale sostituito dal fascismo. Rischiò molto anche la:' Cappella degli Scrovegni, salvata dall'avvocato Giacomo Levi Civita che fu sindaco di Padova fino al 1910, insieme a Tolomei: riuscirono a evitarne la vendita da parte della famiglia Gradenigo, e il trasferimento degli affreschi. Il nuovo edificio fu affidato a Gio Ponti. detto Giò. architetto, designer, saggista che in città aveva decorato il Palazzo Liviano, edificio del xx secolo, situato nella zona del vecchio capitanato della città, e la Scala del Palazzo Bo. La soprintendenza stabilì la conservazione della decorazione parietale dello Storione, così il ciclo fu staccato e diviso in trecento pezzi. ma un incauto strappo, incredibile a credersi ma avvenuto davvero. lo mandò in frantumi e ne rese impossibile il successivo recupero. Quel poco che rimase avrebbe dovuto trovare collocazione nel nuovo stabile, e fu depositato al Liviano. Nel 1966 l'università restituì i frammenti alla Banca: trenta furono donati al museo. restaurati e montati su pannelli di legno, e tre teste femminili restarono di proprietà della Banca Antonveneta. In occasione della costruzione del nuovo edificio venne alla luce. grazie
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